Aumentano gli omicidi degli ambientalisti

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II tassi di omicidio dei difensori dell’ambiente è aumentato talmente tanto che si può dire che è più pericoloso essere un ambientalista che un soldato

Un nuovo studio, recentemente pubblicato su Nature Sustainability, ha rivelato che i tassi di omicidio dei difensori dell’ambiente sono molto aumentati negli ultimi anni. Tra il 2002 e il 2017, il bilancio annuale delle vittime è praticamente raddoppiato e almeno 1.500 tra difensori di terra, foreste, acqua e altre risorse naturali sono stati uccisi, principalmente in paesi con alti livelli di corruzione e deboli norme legislative.

A quanto dice lo studio, gli omicidi degli ambientalisti hanno superato in numero la somma delle morti dei soldati del Regno Unito e dell’Australia dispiegati nelle zone di guerra all’estero.

Lo studio ha esaminato un database di omicidi compilato da Global Witness, un’organizzazione no profit che riporta i casi di abuso e corruzione ambientale, verificando ogni caso su tre diverse fonti. Usando i dati di Global Witness, i ricercatori hanno fatto un confronto con «raccolti agricoli, copertura forestale, miniere e dighe per vedere se la prevalenza di queste attività fosse correlata con un aumento degli omicidi pro capite», come spiega Scientific American.

I tassi di omicidio sono stati inoltre confrontati con lo stato di diritto di un paese e i suoi livelli di corruzione, scoprendo che il Sud e il Centro America sono i posti peggiori per essere un attivista ambientale: è qui che è più probabile che si venga uccisi. E la cosa ancora più grave è che solo il 10% delle persone che uccidono gli ambientalisti viene punito, grazie agli alti livelli di protezione o alle indagini inadeguate a causa della mancanza di risorse.

Insomma, questo studio dipinge un quadro davvero difficile da accettare, ma la speranza è che, leggendo questi numeri, le imprese, i governi e gli investitori prendano posizione e chiedano maggiore trasparenza e responsabilità, in modo da far diminuire queste uccisioni.

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